L’Italia e la Governance del mare: una necessità per il futuro

da: Redazione
6 Luglio 2019

“Sulla base dell’esempio francese, l’Italia potrebbe fondare un Segretariato Generale del Mare alle dirette dipendenze della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Verso tale istituzione convergerebbero i compiti attualmente affidati a diversi dicasteri facilitando, quindi, il coordinamento trasversale di tutte quelle politiche e azioni per il mare”. E’ quello che auspica il report del CeSI “Governance del mare in Europa: quale futuro per l’Italia?” realizzato dagli analisti del Centro studi internazionale su mandato della Marina Militare e col supporto di Fincantieri.

Vocazione marittima dell’Italia

Il report mette in luce la necessità per il nostro Paese di prendere consapevolezza e sviluppare una governance del mare per far fronte alle strategie marittime future sull’ area del Mediterraneo proteggendo gli interessi nazionali.

L’Italia ha una vocazione marittima dettata dalla sua stessa storia che comincia dal periodo dell’Impero Romano. Attualmente il contesto geopolitico del Mediterraneo è cambiato e la complessità delle situazioni ha portato questo mare a divenire gradualmente un’area di faglia che una di scambio e di cooperazione (basti pensare al peso dell’influenza di alcuni Paesi europei, lo squilibrio dei rapporti tra Paesi arabi e la comparsa di nuove potenze come la Cina che si sono affacciate significativamente nel bacino, alterando ulteriormente gli equilibri geopolitici).

In questo quadro è indispensabile che l’Italia riprenda in modo deciso il suo ruolo di Paese marittimo e si faccia promotrice di una regia finalizzata alla condivisione, allo scambio, alla crescita e alla cooperazione nell’area mediterranea. Questo potrà avvenire solo attraverso strumenti politici ed economici.

Come funziona il modello francese indicato dal CeSI e risponde alle esigenze del settore?

Ritornando quindi al report CeSI, gli analisti propongono di prendere spunto dal modello francese capace di rispondere alle esigenze del settore. Tutto è imperniato sul Segretariato Generale del Mare francese (SGMer): “Fondato sin dal 1995, il SGMer coordina la politica marittima della Francia e l’azione dello Stato in mare direttamente sotto l’autorità del Primo Ministro. Inoltre, tra le sue funzioni rientra anche il monitoraggio delle leggi relative agli affari marittimi e la direzione del Centro operativo e interdipartimentale della Guardia Costiera”, si legge nello studio curato da Alessandra Giada Di Benedetto.

A sostenere il lavoro svolto dal SGMer è il Comitato interministeriale del mare (CIMer) che imposta le linee guida del governo per gli affari marittimi e organizza periodicamente degli incontri con quei ministeri che si occupano di questioni riguardanti il mare. “Il caso francese – sottolinea il CeSI – rappresenta un modello efficace di governance del mare non solo per la sua esperienza pluridecennale e la sua ramificazione in diversi ambiti e settori, ma anche perché si basa sulla creazione e il mantenimento di relazioni solide con numerosi attori pubblici e privati che partecipano così alla definizione di politiche che realmente rispondo alle esigenze del cluster marittimo”.

Il report auspica che “sulla base dell’esempio francese, l’Italia potrebbe fondare un Segretariato Generale del Mare alle dirette dipendenze della Presidenza del Consiglio dei Ministri”. Verso tale istituzione convergerebbero i compiti attualmente affidati a diversi dicasteri facilitando, quindi, il coordinamento trasversale di tutte quelle politiche e azioni per il mare: “Di certo una soluzione di questo tipo andrebbe ad aumentare la collaborazione pubblico-privata nel dominio marittimo e porterebbe alla creazione di normative che effettivamente rispondono alle necessità dei numerosi stakeholder del settore”.

Quindi se Paesi come la Francia hanno forti interessi economici e geopolitici verso il mare e hanno così modellato una struttura istituzionale adeguata alle proprie necessità, dal canto sui l’Italia dovrebbe orientarsi in tal modo considerando la sua vocazione marittima e le ricadute di questo settore nella sua economia.

L’Italia vanta una industria cantieristica navale di tutto rispetto (l’Italia è sesta al mondo per numero di ordinativi, prima fra i Paesi europei e avanti agli Stati Uniti) con nomi come Fincantieri (cantieristica navale “pesante”) e Perini (leader mondiale cantieristica yacht e lusso);  conta uno scambio di 170 milioni di merci annuo per via marittima; è un’importante rotta di scambio turistico. Possiede 1500 unità mercantili ed è prima per numero di flotta di navi da traghetto.  Il nostro Paese importa via mare quasi il 85% del suo fabbisogno di materie prime ed esporta il 55% dei prodotti finiti. Altrettanto cruciali sono le dinamiche securitarie che hanno luogo in mare (per via dei fenomeno migratori o del traffico di armi e droga). Per ragioni di ordine e sicurezza il nostro Paese gestisce non solo 8 mila chilometri di costa della penisola ma anche quello che allarga alla  tradizionale area del Mare Nostrum, al Mar Rosso, Mara Arabico e Golfo di Guinea, importanti sbocchi del Mediterraneo.

Il mare è la chiave per il successo del futuro

I mari saranno la chiave per il successo nel prossimo futuro per l’Italia e l’Europa.  La progressiva crescita della popolazione mondiale porterà ad avere l’80% della popolazione sulla fascia costiera e i quattro quinti della catena alimentare saranno su base ittica.  Il mare significa commercio, energia e nutrimento. Le politiche delle Nazioni Unite stanno andando in questa direzione con la blue economy e il blue growth, un approccio di sviluppo sostenibile verso i temi marittimi. Anche su questo il nostro Paese deve assumersi un ruolo più attivo.

Pertanto conclude il report: “Di fatto, il nostro Paese, grazie alla creazione di un Segretariato Generale del Mare, potrebbe fungere da cabina di regia per le attuali e future strategie marittime UE per il Mediterraneo. D’altronde non potrebbe spettare un ruolo differente ad un Paese che basa la propria economia e sicurezza prevalentemente sul mare. In ultimo luogo, visti i progressi fatti dall’UE stessa e dagli altri Paesi membri sul tema, Roma deve di certo velocizzare il passo se vuole sedersi al tavolo di Bruxelles in veste di principale decisore politico per il bacino del Mar Mediterraneo”.

 

 

 

Fonti:
  • CeSI Centro Studi Internazionali
  • Limes

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