L’incontro dei leaders europei a Kiev
“Tre anni di resistenza. Tre anni di gratitudine. Tre anni di eroismo assoluto degli ucraini […] Ringrazio tutti coloro che li difendono e li sostengono”. Così il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha voluto congratularsi al suo popolo attraverso i social, in occasione del terzo anniversario dell’invasione all’Ucraina.
Zelensky ha mostrato senza esitazione un’integrità e una chiarezza nei prossimi obiettivi da realizzare. Durante l’incontro tenutosi in Piazza dell’Indipendenza a Kiev il 24 febbraio 2025 con gran parte dei leaders europei Zelensky ha mostrato con determinazione i suoi intenti. Innanzitutto, palesando senza indugi la possibilità di dimettersi nel caso in cui, a premio di questa mossa, equivarrebbe il raggiungimento della pace in Ucraina.
Zelensky, determinato nell’ottenere sicurezze per l’Ucraina
A riprova della determinazione di Zelensky ad ottenere sicurezze per il suo Paese è stato anche il rifiuto del leader ucraino di firmare una proposta degli Stati Uniti. L’accordo avanzato dagli Stati Uniti nello specifico avrebbe visto Washington ricevere il 50% dei minerali di cui sono ricche le cosiddette “terre rare”. Kiev si renderebbe in tal caso disponibile ad un accordo per la cessione di grafite, uranio, titanio e litio, ma solo avendo come contropartita l’ottenimento di garanzie di sicurezze per l’Ucraina.
E’ però con la richiesta di aiuto alla Cina, da sempre affine alla Russia, che il presidente ucraino ha mostrato la più evidente volontà di aiutare il suo Paese. Zelensky si è infatti rivolto a Xi Jinping “affinché sia in grado di persuadere Putin affermando il principio dell’integrità territoriale”. Quest’ultimo è un tema particolarmente caro a Pechino, che ha espresso la volontà di ritorsioni contro chi voglia ridisegnare i confini della sovranità cinese.
Possibili scenari futuri per la Russia e l’Europa. Un ritorno a Yalta?
Uno dei temi centrali su cui molti analisti e commentatori si sono interrogati riguarda un verificarsi di un possibile ritorno allo scenario di Yalta. Verrebbe in tal modo evocato lo spettro di quello che sarebbe a tutti gli effetti un incubo per l’Europa e per i paesi dell’ex Impero sovietico. Cosa diventerebbe la Russia se riuscisse a conquistare tutto il paese? Anche a questo interrogativo Zelensky ha preso una posizione netta. Il leader in questione sostiene che aiutare l’Ucraina nella difesa rappresenterebbe un minor dispendio di forze, rispetto alla difesa dell’Europa dalla Russia di Putin rafforzata dall’incorporazione dell’Ucraina.
Secondo il filosofo politico statunitense Michael Walzer, l’allineamento degli Stati Uniti alle richieste della Russia, porterebbe ad una dinamica simile a quella post Seconda Guerra Mondiale. Un corrispettivo odierno agli accordi di Yalta del 1945, dove Churchill e Stalin si sono trovati a ritracciare i confini dell’Europa, non potrebbe funzionare. I domini di influenza non si rivelerebbero oggi efficaci. Il dominio russo si dimostrò brutale a tal punto da provocare sanguinose rivolte e lo stesso scenario si potrebbe verificare nuovamente. Un altro pericolo che potrebbe presentarsi in quest’ottica sarebbe l’uscita di Trump dalla NATO e dunque un consequenziale indebolimento europeo. In termini geopolitici questo scenario rappresenterebbe la vittoria dei realisti, cioè dei simpatizzanti di una influenza russa in Est-Europa.
Come vedono, dunque, il futuro dell’Ucraina i leaders europei riuniti ieri a Kiev? Sulla stessa line si sono dimostrati il leader francese Emmanuel Macron e quello britannico Keir Starmer. La loro strategia è quella di dissuadere Trump verso Putin, non proseguendo i negoziati di pace bilaterali con il leader russo in cambio dell’impegno europeo per il futuro dell’Ucraina. Anche la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen ha ribadito il sostegno all’Ucraina, stanziando una nuova tranche da 3,5 miliardi da destinare a marzo. Ciò che è invece emerso dall’incontro tra il ministro degli esteri russo Serghei Lavrov e il suo omonimo turco Hakan Fidan in conferenza ad Ankara è la fermezza della Russia nel cessare le ostilità solo con il raggiungimento di accordi ritenuti da lei accettabili.