L’invasione della Russia all’Ucraina e i grandi cambiamenti geopolitici in atto ripropongono il tema di un esercito comune per l’Europa. Da intendersi come complementare alla NATO. Si tratta di rivedere e aggiornare in profondità lo Strategic Compass. Ovvero: trasferire all’UE la politica estera che, in questa prospettiva, diventa comune. Pensare al modello Stati Uniti d’Europa passando da una fase di transizione è legato a una visione operativa e collaborativa. Come lo è stato con la risposta alla pandemia
L’attuale conflitto in Ucraina e la caotica ritirata dell’Occidente dall’Afghanistan della scorsa estate hanno riaperto e fatto tornare in auge il dibattito sull’esercito comune. Di fatto la guerra di Putin ha costretto funzionari del Servizio europeo di azione esterna e diplomatici degli Stati membri a rivedere in profondità lo Strategic Compass, la cosiddetta “bussola strategica”, formalmente approvato dal Consiglio europeo nelle settimane scorse.
Il ritorno della guerra in Europa, con l’aggressione ingiustificata e non provocata della Russia contro l’Ucraina, così come i grandi cambiamenti geopolitici, stanno mettendo alla prova la nostra capacità di promuovere una visione condivisa e difendere al contempo i nostri interessi.
Nel dettaglio, attraverso lo Strategic Compass, l’UE prevede di rafforzare la capacità di reazione in caso di crisi, con il dispiegamento rapido fino a 5.000 militari che siano in grado, tra le altre cose, di evacuare cittadini europei da zone a rischio o di portare sostegno medico.
La capacità di difesa rafforzata dell’UE rimane complementare alla NATO, ovvero il fondamento della difesa collettiva per i suoi membri.
La sovranità condivisa
Con lo Strategic Compass si affronta quindi il tema della sovranità condivisa ovvero della cessione di sovranità, ovvero sia, attraverso la politica della difesa, la capacità di trasferire all’Unione Europea la politica estera che diventa perciò comune.
Infatti come previsto dallo Strategic Compass, all’Unione Europea spetterà non solo il compito di orientare e rafforzare il rapporto con NATO, Nazioni Unite e partner come l’OSCE, Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa, ma anche di fare accordi su misura nei Balcani dell’Ovest, in Africa, in Asia, in America latina e in tutte le aree critiche.
La sostanza vera di questa strategia sta nel metodo, ovvero l’Unione Europea è un sistema di condivisione di alcune politiche che inevitabilmente postula una domanda, che può essere così sintetizzata: vogliamo l’Europa federale o no?
Di questo documento saremo chiamati a discutere con equilibrio, ma un passo avanti sostanziale dal punto di vista dell’idea e del metodo viene già fatto.
Un esempio concreto deriva dalla decisione del governo tedesco che ha scelto di portare
il bilancio della Germania per la difesa a 100 miliardi di euro, diventando così, dopo USA e Cina, il terzo Paese per spesa militare al mondo.
Questo vuol dire che se noi consideriamo gli investimenti nella difesa come prerogativa nazionale, non faremo altro che, pressati dagli eventi, dare il via al riarmo di Paesi singoli e svilupperemo, con qualche rischio sul piano politico, una visione che potrebbe alimentare in molti ambienti l’idea di un’Europa tedesca piuttosto che di una Germania europea che contribuisce a una maggiore integrazione.
Quindi l’aspetto chiave del sistema di difesa comune è non tanto rendere più efficienti e più efficaci gli eserciti europei ma è innanzitutto una necessità politica, che è chiamata a rispondere a interrogativi politici perché nessuna operazione militare e nessuna attività militare nasce e può essere sviluppata senza una chiara visione politica.
Il salto di qualità del percorso europeo
Intendo dire cioè, che mentre è stato possibile armonizzare alcune politiche europee senza essere obbligati a rispondere e distinguere tra la convenienza di un disegno federale e una costruzione politica dai contorni più sfumati, questo non è possibile nel momento in cui cominciamo a condividere i tratti di una politica di difesa e degli esteri comuni.
È per questo che il modello Stati Uniti d’Europa o comunque di un’Unione Europea che promuove percorsi federali è intrinsecamente legato a questi documenti strategici dell’Unione che fanno fare un salto di qualità al percorso europeo, proprio come nel caso della risposta alla pandemia, non tanto perché gli Stati membri vogliono rinunciare involontariamente ai propri egoismi, ma perché si sentono obbligati, financo costretti, dalle circostanze.
La pandemia ha obbligato l’Unione Europea a promuovere un debito comune contro la volontà dei Paesi frugali; la guerra ci obbliga a condividere una strategia di difesa comune e quindi a immaginare una comune politica estera.
La triade Stati Uniti – Cina – Russia
Un altro aspetto importante si lega alla vicenda della NATO. Nella NATO noi partecipiamo come democrazie nazionali, quindi siamo lì presenti come nazioni ed esprimiamo il nostro punto di vista coerente con la sovranità nazionale. Quindi nella NATO contiamo tutti allo stesso modo? Questo è difficile dirlo perché nella NATO siamo al seguito degli Stati Uniti, i quali per statuto hanno diritto ad avere il comandante militare delle operazioni. Allora cosa significa “progetto di integrazione europea”? Significa che sviluppare la parte europea dell’integrazione della difesa consentirà all’Europa di riorientare i rapporti di forza tra gli alleati anche all’interno di un’alleanza come la NATO.
Questo è vitale per noi, considerando che gli americani in questi anni, prima con Obama e poi con Trump, ci hanno chiesto di destinare il 2% del PIL alla difesa in modo tale di partecipare in modo efficace all’alleanza atlantica NATO. Così come Biden che ci ha provocato nel momento in cui si è ritirato dall’Afghanistan senza neanche consultare le altre forze occidentali, di fatto dimostrando che gli Stati Uniti non combatteranno più guerre se non nel loro esclusivo interesse nazionale.
Quindi, se vogliamo scommettere su un’integrazione europea reale, cioè fatta di una capacità di progettare insieme il futuro, dobbiamo toccare finalmente i temi di difesa e politica estera.
Considerando infine che la triade Stati Uniti – Cina – Russia ha troppi attriti e pochi punti in comune, è importante una presenza europea che possa influenzare gli equilibri globali anche sul piano della deterrenza per incidere in un ideale dialogo tra eguali.
Articolo di Mario Mauro – tratto da Nuova Atlantide (Maggio 2022)