Lo scorso 6 Aprile, nel suo primo viaggio ufficiale all’estero in veste di Presidente del Consiglio italiano, Mario Draghi si è recato in visita a Tripoli, in Libia. Qui ha incontrato il suo omologo, Abdel Hamid Ddeibah, cui è stata affidato il compito di guidare il paese nordafricano alle elezioni del prossimo 24 dicembre.
Un legame mai venuto meno:
A preparare il terreno a Draghi sono state le visite delle ultime settimane da parte del Ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, recatosi in Libia sia il 21 che il 25 marzo (accompagnato dall’amministratore delegato di Eni Claudio Descalzi). Tuttavia, il fitto dialogo di queste settimane tra i due paesi non è esclusivamente determinato dagli ultimi, positivi, avvenimenti, che fanno sperare in una ricostruzione del paese: infatti, l’Italia è stato l’unico paese che, nonostante la guerra civile scoppiata nel 2011, ha tenuto aperta la propria ambasciata nel paese.
Nella partita per la ricostruzione libica stanno rientrando in gioco molti paesi che negli ultimi tempi, per vari motivi non avevano più svolto un ruolo di primo piano, come Francia (che dopo la scommessa, persa, di sostenere il generale Haftar, ha adottato una strategia più cauta e meno spregiudicata) e Germania. L’Italia non può commettere passi falsi, perché dietro di lei si è già formata la fila di chi vuole accaparrarsi un pezzo della “nuova Libia”. Mario Draghi, uomo esperto di relazioni internazionali, sa bene che presto saranno in molti a bussare alla porta di Ddeibah, e ha deciso di anticipare i tempi e muoversi per primo.
Interessi italiani in Libia: il settore energetico
Gli interessi italiani in Libia sono molti, a partire da quelli energetici. Non a caso, come detto sopra, l’ad di Eni, Descalzi, ha accompagnato Di Maio nel suo viaggio diplomatico di due settimane fa. Dal paese nordafricano arriva in Italia, tramite il colosso energetico, circa il 12% del petrolio che importiamo e circa l’8-10% del gas, ma c’è di più.
Eni esporta nell’ex colonia, sotto forma di prodotti raffinati, circa il 55% del greggio che ha importato, ed è il primo produttore nonché principale fornitore di gas al mercato locale, con una quota di circa l’80%. Inoltre, si parla di un accordo per la nascita e lo sviluppo di un partenariato nel settore della transizione energetica, che potrebbe includere anche la realizzazione di impianti da fonti rinnovabili di energia nel Fezzan.
Interessi italiani in Libia: immigrazione
Proprio la regione sud-occidentale del paese è al centro di un’altra grande questione che interessa direttamente l’Italia: quella migratoria. Il Fezzan è infatti crocevia di varie rotte migratorie provenienti dal Sahel, quella zona dell’Africa subsahariana caratterizzata da grande instabilità e conflitti. Investire in quella regione libica porterebbe ad avere una maggiore presenza dello stato, e dunque anche un maggior controllo del confine con Niger e Ciad.
Nella zona nord del paese, invece, continua l’impegno dell’Italia nell’addestramento della guardia costiera libica onde evitare partenze irregolari di migranti diretti verso il Mezzogiorno, con annesso il rischio di infiltrazioni terroristiche.
Le infrastrutture come ponte di collegamento con la “Quarta sponda” del Mediterraneo
Altro settore di interesse per l’Italia riguarda la dimensione infrastrutturale. Nella partita per la ricostruzione del paese sono in gioco commesse miliardarie che fanno gola a molti. Anche da questo punto di vista, il nostro paese vanta un rapporto privilegiato con con la Libia, forte di un legame che risale ai tempi del fascismo e che è poi proseguito, sotto forma di cooperazione, con la nascita della Repubblica e sotto la spinta di Enrico Mattei.
Non a caso, lunedì 5 Aprile una delegazione italiana, composta dai vertici di Aeneas ed Enav si è recata a Tripoli. Aeneas, Consorzio formato da cinque aziende private, ha firmato contratti per 80 milioni di euro per la messa in operatività dell’aeroporto internazionale di Tripoli. Enav, invece, si occuperà di ricostruire la torre di controllo dell’aeroporto di Mitiga, al momento l’unico funzionante a Tripoli, e di addestrare i controllori di volo. La messa in sicurezza e la riapertura dello spazio aereo libico rappresenta un punto di grande importanza per i collegamenti tra Libia e Italia, e più in generale con l’Europa.
Non va infine dimenticato il progetto di costruzione dell’autostrada costiera di circa 1800 km tra il confine tunisino ed egiziano, risalente all’Accordo di amicizia e partenariato siglato nel 2008 tra Gheddafi e il governo Berlusconi. Una parte dei lavori, la cui commessa il cui valore si aggira attorno al miliardo di euro, sarà affidata a Webuild.
Il soft power, “arma” per continuare ad essere protagonisti:
Al di là degli interessi di natura economica, energetica e migratoria, la vista di Draghi rappresenta una presa di posizione dell’Italia dal punto di vista strategico con importanti ricadute geopolitiche. Il Belpaese sa di non poter competere con Turchia e Russia dal punto di vista militare, dunque fa leva sul proprio soft power per non perdere terreno.
In tal senso, non bisogna sottovalutare le opportunità del settore sanitario e di quello culturale. Per quanto riguarda il primo, basti pensare al grande lavoro svolto dai nostri compaesani nell’ospedale militare da campo di Misurata nell’assistere la popolazione civile. In più, soprattutto in Tripolitania, sono molti i cittadini che per curarsi hanno come riferimento la sanità italiana, e chi può, il più delle volte, prova a studiare medicina nelle nostre università. Per quanto riguarda l’importanza della dimensione culturale, solo citare il fatto che a partire dall’anno scolastico 2020/2021 sia stato reintrodotto l’insegnamento della lingua italiana nelle scuole secondarie di primo grado e che a dicembre sia stata firmata l’intesa per la formazione di docenti e professori basta per evidenziare quale sia l’influenza che il nostro paese può esercitare in Libia.
Certo, lo spazio di manovra che l’Italia ha e potrebbe avere in Libia dipende anche e soprattutto dall’alleanza con gli Stati Uniti, che dopo anni di progressivo disimpegno sono tornati ad interessarsi della regione mediterranea. Per questo, è necessario far vedere di essere in grado di assurgere al ruolo di potenza regionale su cui gli USA possono fare affidamento; altrimenti, la palla passerà a qualcun altro.