Perché Grecia e Marocco sono i nuovi avamposti Usa nel Mediterraneo. Parla Mauro

da: Redazione
25 Agosto 2020

L’ex ministro della Difesa a Formiche.net: “Non mi stupirei se i turchi, che per definizione considerano Beirut un luogo conteso tra iraniani e arabi, possano pensare di inserirsi nella partita proponendosi come punto di riferimento non solo perché erogatori di aiuti ma anche come guida per la gioventù libanese”

 

Erdogan ha oggi il potere militare sufficiente per la spartizione mediterranea con Mosca, dice a Formiche.net l’ex ministro della Difesa Mario Mauro. Secondo l’esponente cattolico e già vicepresiente del Parlamento europeo, turchi e russi sembrano confliggere su tutto, ma poi discutono e si accordano con una divisione equa. L’Europa appare ancora immatura per contenere queste forze, con l’Italia che dovrebbe invece azionare una nuova strategia tarata sul Mediterraneo.

Cosa lega la partita per il gas, a Siria, Libia e alla strategia turca nuovamente aggressiva nel Mediterraneo?

In primis occorre analizzare lo spostamento di asse della politica di Erdogan, nel momento in cui ha compreso che non sarebbe stato praticabile il percorso verso l’Europa. Conta anche una certa diffidenza di Ankara verso gli Usa. Tale premessa ha avuto due importanti riflessi, che lo hanno portato a mettere in pratica quella che in gergo diplomatico viene definita politica neo ottomana. Da quel momento la sua direttrice espansionistica ha assunto le forme di una proiezione verso i Balcani e l’intero versante Mediterraneo, con una differenza.

Quale?

Nello scenario mediorientale Erdogan si è trovato presto a confliggere con gli interessi e le strategie di un altro alleato di ferro degli Usa, ovvero l’Arabia Saudita, che lo hanno costretto a contenere le proprie ambizioni anche nel conflitto siriano. Nei Balcani invece la spinta turca a danno ad esempio dei Greci è evidente: un passaggio che meglio si comprende affiancandolo al dossier energetico.

Lo stato comatoso della sua economia non gli consente altro se non sperare nel gas?

La tendenza di Erdogan è quella di ritenersi non solo padrone di un pezzo di Cipro ma anche dei giacimenti sottostanti. Inoltre l’asse costruito tra Erdogan e Al Serraj con la definizione delle Zee da Cipro alla Libia rappresenta una vera e propria linea di sbarramento per gli altri protagonisti dello scenario euromediterraneo. Ma non è tutto, perché la strategia diplomatica turca è attenta anche verso paesi minori ma circostanti, come l’Algeria: ciò potrebbe avere conseguenze immediate anche per nuove zone economiche esclusive in un braccio di mare che guarda alle Baleari o alla Sardegna. Questo ci fa capire quanto Erdogan ormai si concepisca come il nuovo player mediterraneo. Anche il Marocco si trova a fare i conti con il tentativo di penetrazione turca.

Lo schiaffo di Erdogan che ha fatto entrare in Santa Sofia il muezzin con in mano sciabola e Corano per celebrare la preghiera della spada, segna il punto di non ritorno?

Dopo il tramonto dei Fratelli Musulmani in Egitto, Erdogan è rimasto l’unico punto di riferimento per loro. Non dobbiamo dimenticare che parliamo di un uomo fotografato in gioventù non solo assieme al fondamentalista tunisino Rāshid al-Ghannūshī, ma anche con i signori della guerra in Afghanistan. Nel tempo tale elemento si è ricongiunto con l’altra matrice ideologica turca, il nazionalismo panturco, che ha generato sia le capacità militari (Erdogan è a capo della seconda forza armata della Nato) che iniziative personali come il palazzo presidenziale da 2000 camere. Per cui il presidente turco lascia un solco effettivo nel rapporto con gli europei: ciò la dice luga su quanto i greci debbano temere non solo le provocazioni turche degli ultimi anni, a Kastellorizo come a Evros, ma anche i silenzi delle principali capitali del nostro continente, dove al di là della mini reazione di Parigi e Berlino, finora poco si è visto per arginare davvero i turchi.

Come giudica la reazione europea?

Ho letto parole molto dure da parte tedesca, con un primo momento di presa di coscienza nel quale la stessa Ue ha espresso toni non teneri verso Ankara. Almeno sul piano della comunicazione il commissario Ue agli affari esteri Borrell ha rifiutato la definizione di strategia neo ottomana, per non irritare il gigante turco, credo che invece sia realmente ciò che Ankara ha deciso di attuare. La verità è che Erdogan ha oggi il potere militare sufficiente per la spartizione mediterranea con Mosca. Turchi e russi sembrano confliggere su tutto, ma poi discutono e si accordano con una divisione equa. L’Europa appare ancora immatura per contenere queste forze e gli Usa continuano nella politica di distacco dal Mediterraneo,in favore del super impegno sul lato indo-pacifico.

Ma Washington si fida di Ankara molto meno di un tempo…

Proprio per questa ragione ha deciso di avere basi militari in Grecia e in Marocco. La scelta dei due Paesi motiva lo scontro tra Usa e Turchia su molti fronti.

L’esplosione a Beirut si inserisce in un momento complicatissimo: che idea si è fatto in proposito? Davvero è stato un incidente?

Il Libano era già sull’orlo del crollo economico, come documentato dalla lunga crisi favorita dalla classe dirigente libanese, pur attiva e brillante, ma storicamente una delle più faziose. Segnalo la coincidenza di date, particolarmente suggestiva, con l’inizio dell’ipotetico processo ai membri di Hezbollah. Continuare a pensare che possa esserci dietro un disegno attivo in un attentato simile mi sembra poco probabile: non vorrei che ci fosse una preventiva intesa tra fazioni per dare la responsabilità a Israele, provando a tamponare la crisi a Beirut caricando le colpe sul nemico di sempre. Non mi stupirei se i turchi, che per definizione considerano Beirut un luogo conteso tra iraniani e arabi, possano pensare di inserirsi nella partita proponendosi come punto di riferimento non solo perché erogatori di aiuti ma anche come guida per la gioventù libanese.

In attesa delle elezioni Usa i maggiori players mettono le mani avanti: Macron in Libano, Merkel in Grecia. E l’Italia?

Sono perplesso sull’Italia. Questo ragionamento che ho appena fatto credo sia nelle corde di ogni diplomatico italiano: non possono non conoscerlo anche i membri dell’attuale governo che di tanto in tanto fanno confusione tra libici e libanesi. Proprio per questa ragione non è più rimandabile un’iniziativa italiana sullo scacchiere mediterraneo, anche in una chiave di visione che garantisca all’Ue di essere protagonista dello scenario, non di subirlo.

Articolo di: Francesco De Palo

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