Iniziato con il referendum del 23 giugno 2016 quando i cittadini britannici hanno votato a favore, la Brexit, ovvero uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, diventerà formalmente realtà il 29 marzo 2019 per diventare effettiva – dopo un periodo di transizione necessario – il 31 dicembre 2020.
Come è facile supporre, da un punto di vista economico ci saranno conseguenze non solo per il Regno Unito, ma anche per i Paesi europei ed extraeuropei.
Cosa succede in Europa: lo scenario economico
Da una ricerca del Centre for Economic Performance, gli effetti sul Pil dei Paesi interessati sarebbero differenti nel caso si trovi l’accordo per la Brexit, e cioè nel caso in cui la bozza di accordo Regno Unito-Unione Europea sarebbe ratificata da entrambe le parti o meno.
Il Pil del Regno Unito subirà un calo dell’1,7% nei dieci anni tra il 2020 e il 2030 in caso di accordo, in caso contrario il calo della ricchezza individuale sarebbe quasi doppio e raggiungerebbe il 3,3%. Inoltre, il costo economico della Brexit per il Regno Unito viene stimato tra i 60 e i 200 miliardi di sterline, ovvero tra i 66,8 e i 222, 6 miliardi di euro.
I contraccolpi della Brexit si sentiranno anche nelle principali economie europee: diversi Paesi subiranno un calo del Pil pro-capite tra il 2020 e il 2030. Guardando i dati nello specifico, l’Irlanda – l’ economia più vicina al Regno Unito – subirà un notevole calo del Pil pro-capite in calo dell’1,7% in presenza di accordo e del 2,75% se l’accordo non si raggiungesse.
Le maggiori economie europee (Francia, Germania, Italia, Belgio, Olanda) in presenza di accordo subirebbero un calo più o meno importante del Pil individuale: ad esempio l’Italia subirebbe una variazione del -0,1% in caso di accordo, e -0,25 in caso di mancato accordo, la Germania perderebbe -0,12 contro il -0,30.
Brexit, chi ci guadagna
A guadagnarci dalla Brexit ci sarebbero i Paesi extra europei, con dati positivi sia in presenza di accordo che senza: tra i Paesi valutati Usa, Cina, Russia e Turchia, sono queste ultime economie che presentano valori positivi tendenzialmente più alti (Turchia 0,02% con accordo vs 0,06 senza; Russia 0,02 vs 0,04).
(Fonte: Dato Centre for economic performance 2018)